Vi sono uomini o donne, la cui
opera, lavoro o idee andrebbero vietate
ai minori di 18 anni. Di questi alcuni
lo sono già, come i tanti attori o attrici di certi film, che hanno per
oggetto violenza spesso gratuita o che trattano di non richiesta anatomia
scientifica. Altri vengono censurati su facebook, in quanto portatori di idee antiumane, tipo quelle razziste,
o pseudoscientifiche alla Lombroso. Tra
tutti, quello che ritengo debba essere vietato ai minori addirittura di 35 anni,
è il sommo poeta Dante Alighieri. Confesso che da liceale trovavo i suoi canti
inutili e frutto di alterazioni cerebrali naturali o artificiali. Solo molti
anni più tardi, quando il flusso dell’esperienza della vita mi ha messo di
fronte alla vasta gamma di problemi, virtù, scelte, e molto altro, mi sono
ricordato dei canti del sommo e rileggendoli, quasi come un’appercezione
immediata, come universi paralleli, rivedevo il senso profondo, immenso,
impareggiabile e unico di quell’opera aurea. Aggiungo che non sempre per i maggiorenni di 35 anni, i quali non abbiano
almeno in parte percorso nella loro strada della vita la selva che va fino al
centro della Terra, l’opera Dantesca possa rivelarsi. Resta una vetta troppo alta per
essere ambita. Proprio per omaggiare in modo personale e sentito il sommo poeta, dedicherò alcune mie riflessioni sulla
costante attualità della sua opera maior per
critica, insegnamento e modello.
In particolare ad alcuni canti a me cari. Uno di questi è il canto XI
dell’Inferno.
Il canto si apre con Dante e
Virgilio che sono arrivati ai margini del 7° cerchio. I due poeti per
difendersi dal fetore esalato dalla
valle si fermano dietro la tomba di Papa
Atanasio II(496_498),“ci racostammo in dietro, ad un coperchio d’un grand’ avello,ov’io
vidi una scritta che dice ‘Anastasio papa guardo, lo quale trasse Fotin de la
via dritta’”. Infatti questo papa prese parte ai costanti confronti e lotte che esistevano nei primi secoli dell’era
cristiana, tra chiesa d’oriente, con le sue numerose forme interpretative, e
chiesa d’occidente, meno intaccata da questi scismi ed eresie. In questo canto
Dante descrive l’ordinamento morale dell’inferno. Atanasio o Anastasio come lo
chiama Dante è il simbolo dell’ingiuria (dal latino iniuria cioè infrazione
della legge ). Attenzione per Dante l’ingiuria non è iniquità, ma illegittimità
segnata dalla violenza e dal sopruso.
«Figliuol mio, dentro da cotesti sassi»,
cominciò poi a dir, «son tre cerchietti
di grado in grado, come que' che lassi.
Tutti son pien di spirti maladetti;
ma perché poi ti basti pur la vista,
intendi come e perché son costretti.”
cominciò poi a dir, «son tre cerchietti
di grado in grado, come que' che lassi.
Tutti son pien di spirti maladetti;
ma perché poi ti basti pur la vista,
intendi come e perché son costretti.”
E cioè:“Figliolo mio, dentro queste rocce,”
cominciò poi a dire, ”ci sono tre cerchi,
più piccoli a mano a mano che si digrada,
come quelli che ti lasci alle spalle.
Sono tutti colmi di spiriti maledetti;
ma perché ti sia sufficiente vederli,
cerca di intendere in che modo
e in base a quale criterio sono ammassati.
cominciò poi a dire, ”ci sono tre cerchi,
più piccoli a mano a mano che si digrada,
come quelli che ti lasci alle spalle.
Sono tutti colmi di spiriti maledetti;
ma perché ti sia sufficiente vederli,
cerca di intendere in che modo
e in base a quale criterio sono ammassati.
Virgilio inizia a descrivere i peccati
di malizia, quelli puniti entro le mura di Dite. Egli afferma che essi hanno tutti come risultati
l'"ingiuria" altrui. L’ingiuria o infrazione della legge è data dalla
frode o dalla forza. Per Dante, però , la prima , cioè la frode, è più grave della
seconda, vale a dire la violenza, e quindi punita più in basso.
“La frode, ond'ogne coscïenza è morsa,
può l'omo usare in colui che 'n lui fida
e in quel che fidanza non imborsa.”
può l'omo usare in colui che 'n lui fida
e in quel che fidanza non imborsa.”
E’
questo il peccato più grave della stessa violenza.
“Questo modo
di retro par ch’incida
pur lo vinco d’amor che fa natura;
onde nel cerchio secondo s’annida
ipocresia, lusinghe e chi affattura,
falsità, ladroneccio e simonia,
ruffian, baratti e simile lordura.”
pur lo vinco d’amor che fa natura;
onde nel cerchio secondo s’annida
ipocresia, lusinghe e chi affattura,
falsità, ladroneccio e simonia,
ruffian, baratti e simile lordura.”
L’uso fraudolento della ragione, quindi della frode, è visto come abuso e
colpa comune, ossia come peccato originale e distorsione Rousseauiana
dell’innato principio di bontà. E’ l’origine dei peccati che porta ad
altri di grande gravità, quali rubare,
essere violenti, portare alla fame gli uomini e alla privazione dei bisogni
primari stessi dell’uomo. Pur restando confinato in un’etica(Nicomachea)
aristotelica
“ Non ti rimembra di quelle parole
con le quai la tua Etica pertratta
le tre disposizion che ’l ciel non vole,
incontenenza, malizia e la matta
bestialitade? e come incontenenza
men Dio offende e men biasimo accatta?”
con le quai la tua Etica pertratta
le tre disposizion che ’l ciel non vole,
incontenenza, malizia e la matta
bestialitade? e come incontenenza
men Dio offende e men biasimo accatta?”
Dante individua nella nascente e nuovissima società borghese
con estrema chiarezza proprio quel “vulnus”, il quale oggi più che mai ci
caratterizza, mascherato da un’indulgenza tecnologica verso la “fatica”. Tale “vulnus
burgensis” è cresciuto ed ha imperato nelle vicende storiche del mondo a
partire dal 14 luglio 1789. Per contestualizzare il peccato della frode
dantesca nell’età contemporanea ricordiamo subito che i sistemi bancari moderni
a partire dalla fine del 19° secolo trasformarono i crediti cooperativi in
banche commerciale a carattere speculativo. Questo portò a trattare
investimenti in borsa, secondo il principio speculativo, che si reggeva ( e si
regge tuttora) sulla frode, dichiarando valori inesistenti o mai raggiunti e
che dovevano essere raggiunti per varie ragioni (l’unica ragione era la frode).
Da lì a qualche lustro si originò quel martedì nero (detto anche “Big Crash”)
29 ottobre 1929 , che portò al crollo della borsa di N.Y. Infatti presso lo
Stock Exchange, sede del mercato finanziario più importante degli Usa e del
mondo si realizzò e scoprì la frode per tutti i titoli a valore economico nullo
o quasi. Da lì a pochi anni Roosevelt
intervenne separando i circuiti speculativi (ad alta frode) dai crediti
cooperativi, decisamente più legati al valore del lavoro reale e di mercato
necessario. Fu però un presidente americano democratico nel 1997, Clinton, a
togliere il veto di fondere i due circuiti finanziari e a far cadere il credito
cooperativo nelle banche commerciali, anche a carattere speculativo. In soli
pochi mesi si assistette prima al crollo delle “tigri asiatiche”, poi, nel
marzo 2000, alla grande esplosione della bolla del Nasdaq, e, infine, alla grande crisi dei mutui sub-prime del
2008, le cui conseguenze perdurano ancora. Oggi la frode impera come sempre.
Infatti:
il valore nozionale dei derivati (titoli da vero gioco
d’azzardo, permessi da tutti e comprati anche dalla pubblica amministrazione
degli stati n.d.a.) in circolazione a
livello mondiale potrebbe sfiorare la strabiliante cifra di 2,2 milioni di
miliardi di euro, vale a dire 33 volte il Pil mondiale e quattro volte tanto
quello che si pensava finora, amplificando in modo allarmante il rischio
sistemico di prodotti per loro natura interconnessi. Rischio che ancora sfugge
in gran parte ai tentativi di controllarlo. Basti pensare che la stessa
regolamentazione di vigilanza bancaria è tuttora concentrata più sui rischi di
credito tradizionali che sui rischi connessi all’innovazione finanziaria che -
vedi il caso dei mutui subprime Usa - hanno dimostrato di essere in grado di
seminare recessione sul scala globale.
Fino a ottobre la mappa del rischio-derivati era spiegata
all’80% dall’attività delle prime 55 banche dei tre blocchi
Europa-Usa-Giappone, come risulta dal data base di R&S-Mediobanca. Gli
unici dati “ufficiali” sull’entità del fenomeno erano quelli raccolti dalla
Banca dei regolamenti internazionali tra 70 grandi dealer (principalmente le
banche centrali), che segnalavano a fine 2017 532mila miliardi di dollari di
derivati Otc e 90mila miliardi trattati sui mercati regolamentati per un totale
di 622mila miliardi di dollari, pari a poco meno di 550mila miliardi di euro.
(Fonte Sole 24 ore)
Ora i titoli in questione, come
detto, non hanno quasi nulla di capitalizzato in beni o in denaro o economico,
ma sono solo dei “pagherò” !
Ecco l’attualità di Dante, che non attacca il capitale in sé, frutto
del lavoro e di una sana legge di mercato, ma l’usura, gli strozzini
legalizzati e la mendacità dei titoli
economici (altri canti e altri riferimenti nella Divina Commedia). La sua
grandezza è stata la lucidità con cui ha denunciato i limiti di quel sistema da
noi ereditato, quasi 6 secoli prima di Proudhon, Fourier, Owen e Marx, in modo
disincantato analitico e direi profetico. Il nostro Dante, nelle moderne
categorie politico-economiche, non sarebbe né comunista, né liberista, ma solo
un profondo amatore del bene comune e della lealtà, poiché senza questa per Dante
( e per me) risulteranno sempre marci entrambi i sistemi.
Ma ora ….
“seguimi oramai che ’l gir mi piace;
ché i Pesci guizzan su per l’orizzonta,
e ’l Carro tutto sovra ’l Coro giace,
e ’l balzo via là oltra si dismonta".
ché i Pesci guizzan su per l’orizzonta,
e ’l Carro tutto sovra ’l Coro giace,
e ’l balzo via là oltra si dismonta".
Prof. Daniele Catino
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