Nel
1919, a Madrid, il grande arabista
spagnolo Miguel Asìn Palacios pubblicò il libro La escatologia musulmana en la “Divina Commedia”. In questo libro
si cercava di dimostrare le possibile analogie tra l’escatologia del mondo
musulmano e le sue immagini come fonte di ispirazione per la “Divina Commedia”. Nell’arabo libro
della Scala (XIII sec) viene
descritto il viaggio di Maometto al Paradiso e all’inferno. Circa un trentennio
dopo, Enrico Cerulli, celebre italianista e conoscitore delle lingue semite e
araba, prosegue sulla linea del Palacios e pubblica nel 1949 a Città del
Vaticano il suo Il “Libro della scala”
e la questione delle fonti arabo
spagnole della “Divina Commedia”, che cautamente confermerebbe l’ipotesi
del Palacios. Il Cerulli, pur attestando il fatto che Dante non conoscesse il
greco come neppure l’arabo, riporta che Il libro della scala era stato tradotto a metà del XIII secolo dal notaio
Bonaventura da Siena in latino e
francese(oil), per volere del re Alfonso il Savio (1221-1284), da un testo
della versione castigliana ( che , sullo stesso volere di re Alfonso, era stata poco prima tradotta
dall’arabo al castigliano dal medico ebreo Abraham). Ora non si esclude che
Dante si possa essere ispirato a qualche immagine della escatologia musulmana,
ma ricchissimo e diffusissimo era comunque il repertorio escatologico latino e
occidentale. Pur non escludendo la presa in prestito di qualche truculenta
immagine degli inferi islamici, come quella delle sette “P” del Purgatorio e
relativa espiazione analoga a quella della
macchia pro tempore segnata in fronte ad un’anima espiante nel passo dell’
araba (del XII secolo) collectio toletana,
rimangono possibili scene di ispirazione solo episodiche. E’ vero che anche Maometto incontra tre voci, che
vorrebbero fermare il suo viaggio oltremondano come le tre fiere di Dante, però
sono ben diverse per significato e impostazione morale ed etica dalle tre fiere
dantesche. Anche la bufera infernale poco ha a che fare con il musulmano vento
sterile della Prima Terra dell’inferno
islamico, che invece trova un’analogia più stretta con lo scritto “Il
Purgatorio di San Patrizio”. Un’altra scena come le pietre di zolfo , legate al
collo dei peccatori , trovano un ascendente biblico come pure le fiammelle contenenti
le anime si sovrappongono alle figurazioni della “Visione d’Alberico”. Inoltre
nel libro della scala e nella visione escatologica musulmana non compaiono tratti
figurativi particolari con pene specifiche e con leggi come quella del
contrappasso , ma solo visioni oltremondane, potremmo dire a “volo d’uccello”,
generali e generiche. In un’analisi approfondita molte immagini infernali
dantesche sono assai più vicine a quelle di Giacomino da Verona. Per essere
sintetici diciamo che molte visioni dei tre regni oltremondani danteschi
risultano più vicini a libri quali le Visioni
di San Paolo , le Visioni di Tundalo e soprattutto al virgiliano tartaro
dell’Eneide. Ora il punto non è se Dante abbia potuto prendere a prestito
qualche immagine araba o classica o di qualche autore suo coevo, ma quanto sia
originale, innovativa e valida nel pensiero e nello stesso stile la Divina
Commedia. NIHIL EX NIHILO.
Allora
caro Widmann secondo la sua “scuncrusaggine”(dal tardo messapico essere
sconclusionato , un po’ lento di zucca) dovremmo concludere che il sommo Goethe
risulta copione poiché la tradizione di Faust era già presente da tempo in Europa?
Oppure che Einstein è un copione perché le sue equazioni erano state già
sviluppate da Lorentz? Riconosciamo la grandezza nell’originalità e innovazione
di un’opera e come riconosciamo oggi il
primato culturale della Germania con i suoi 107 Nobel e un’altra metà dei 368
degli States appartenere alla Germania (contro i nostri 20), sia
riconosciuto l’italo primato nel Medioevo
e nel Rinascimento in Arte , Scienze,
Matematica e Lettere.
E fra tutti i maestri di allora, Dante fu sommo per
il mondo intero! Se ne faccia una ragione!!
Prof. Catino Daniele
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