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mercoledì 17 marzo 2021

Lucera e il Liceo Bonghi-Rosmini ricordano il settimo centenario della Morte di Dante

 Nella ricorrenza del settimo centenario della morte del sommo poeta Durante degli Alighieri, detto Dante, anche la nostra scuola sente di dover partecipare alla sua celebrazione. Già lo scorso anno era stato dedicato un articolo sull’attualità della sua opera somma, ossia la Divina Commedia. Quest’anno vogliamo partecipare rendendogli omaggio, mediante il contributo che la nostra città ha saputo dare al grande poeta. 

Ciò avverrà ricordando quelle pagine di felice e feconda critica espresse  da uno dei suoi illustri figli: il prof Mario Sansone.

Mario Sansone nasce a Lucera nel 1900 e muore a Roma nel 1996 .Cattedratico di illustre fama in letteratura italiana, unanimemente gli si riconosce i commenti al 1° canto del Purgatorio e al 27° del  Paradiso, come tra le più interessanti pagine di critica letteraria mai scritte su questi canti (da pugliese vorrei ricordare anche i grandi  contributi di critica e approfondimento dati sulla divina Commedia  dal leccese prof.  Mario Marti) .

Analizziamo il canto nei suoi aspetti essenziali.

Il primo canto del Purgatorio pur aprendosi con una protasi e un’invocazione, proprio dello schema retorico dell’inizio di ogni cantica, non ha continuità morale ed ideale con il luogo  della precedente cantica. Infatti il primo   è regno del male e di ogni errore morale e quindi anche di ragione, l’altro è luogo di redenzione e di inizio del Bene. Il primo è una oscura voragine , l’ altro un’isola solitaria illuminata da  luce e circondata da una freschezza leggera, ma sempre presente. A tal proposito riportiamo il commento, assai apprezzato, del professore lucerino M. Sansone. Egli afferma che: “la freschezza e la tenerezza delle impressioni luminose non nascono solo dal diletto del ritrovamento degli spettacoli terreni, ma dal ritrovarli come momento, premessa, sfondo di eventi insieme lieti e meravigliosi. C’è senza dubbio in questo primo canto il riposato gaudio del ritrovamento terrestre, ma esso non sta semplicemente come liberazione dall’orrore paesistico dell’inferno, senza cielo, senza luce, ma, assai più, come attesa e presagio divino. Da ciò lo stupore e la particolare letizia di queste prime visioni e la pacata lentezza del ritmo. Certo, non è un caso che Dante  abbia scelto l’alba come ora del suo arrivo al purgatorio: come gli spazi, così anche il tempo ubbidisce alla legge lirica che governa il canto: anche l’alba anzi il presagio dell’alba realizza qui liricamente l’attesa del meraviglioso e dell’immacolato". (M. Sansone, Il canto I del purgatorio , Roma, Signorelli 1955).


In questo Canto appaiono anche forti contraddizioni nella figura di Catone l’uticense, suicida e nemico dell’impero. Come suicida avrebbe dovuto condannare Catone alla stessa pena di Pier delle Vigne e come nemico dell’impero, e al contempo suicida, addirittura nella posizione più bassa laddove aveva confinato i suicidi Bruto e Cassio. Difficile comprenderlo seguendo quanto Dante esprime nelle figure precedenti, e non alla luce del pensiero medievale, molto più aperto spesso di quanto si creda. Infatti nel medioevo il suicidio non sempre risultava condannabile e lo stesso San Tommaso affermava che il suicida che pone fine per dare esempio di fortezza e rettitudine disprezzando la morte stessa, quella corporale, è illuminato dalla “divina ispirazione”. D’altronde tutti i martiri cristiani dei primi secoli non avevano un che di volutamente suicida? Riportiamo a tal proposito il commento del lucerino Sansone: “La vicenda politica in seguito alla quale Catone morì sta per Dante non come ragione ultima, ma come occasione di un così alto sacrificio, il cui carattere è la santità, non un eroico ed astratto disdegno. L’esaltazione di Catone non è come eroe politico (e pertanto Cesare resta il provvidenziale fattore del sacro impero di Roma), ma solo come eroe e simbolo della piena e assoluta libertà morale. Di che si ha conferma nella rappresentazione che Dante fa dello splendore del suo volto che al poeta sembra illuminato dalla luce del Sole: affermazione indubbia, sotto la trasparente veste allegorica, che in Catone le virtù cardinali ebbero lo stesso splendore che in Adamo e Eva prima del peccato. E perciò Virgilio potrà porre sullo stesso piano la libertà che Dante va cercando nel suo viaggio nell’oltremondo, che è libertà interiore, libertà dell’arbitrio della servitù del peccato e dell’errore  è la libertà per la quale Catone si sacrificò” (Mario Sansone ) .

Ci si augura che questo breve articolo sia di stimolo ad approfondire con interesse e amore lo studio della Divina Commedia e al contempo conoscere le pagine di grande critica letteraria su tutti canti di un illustre studioso lucerino: il prof M. Sansone.

 

Prof. Daniele Catino





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