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venerdì 20 dicembre 2019

Disobbedienza e Progresso

La scuola di Francoforte, costituitasi a partire dal 1922 presso il dipartimento di studi filosofici e sociali dell’Università della città di Goethe, è sul piano filosofico una teoria critica della società presente, vista sotto l’ottica di un ideale rivoluzionario, che ha come fine un'umanità futura, libera e disalienata.  Diventa baluardo del pensiero critico e negativo nei confronti dell'esistente, capace di interpretare e distruggere le contraddizioni profonde e non visibili, attraverso un modello utopico con  un'incitazione rivoluzionaria per un suo mutamento radicale.  Marcuse è uno dei maggiori esponenti della scuola di Francoforte. Egli polemizza  contro la società repressiva in difesa dell'individuo e della sua felicità. Diventa così uno dei massimi esponenti filosofici del movimento del '68. 
Il sistema in cui viviamo, per Marcuse, si ammanta di forme pluralistiche e democratiche, che però sono puramente illusorie perché le decisioni in realtà sono sempre nelle mani di pochi. "Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non libertà – egli afferma - prevale nella civiltà industriale avanzata segno di progresso tecnico". Quindi possiamo dire sinteticamente che il “no” per Marcuse è principio di salvezza e progresso, non solo del presente , ma nella storia tutta. Rimane il problema di chi può dire “no”. Chi sono le coscienze che possono anteporre un “no salvifico”. Fino a che punto la ribellione diventa principio di salvezza e non di condanna alla violazione di regole che hanno garantito e appaiono garantire la stessa sicurezza?
Come docente liceale quotidianamente mi dibatto con tanti “no” dei miei studenti, tipico dell’età. Certo non nascondo spesso di avere in mente una pulsione (in)conscia “omicida” di fronte a posizioni gratuite e spesso non corroborate da fattualità coerente. Questo articolo lo dedico ai miei studenti perché sappiano  dire il loro “no” salvifico, affinché un “no” mal posto non diventi un “sì” di condanna definitivo e di schiavitù.
Credo che sia la competenza unita ad una  profonda conoscenza, e quindi “lo studio matto e disperatissimo”, che possa dare e rendere realmente salvifico il “no” (evitando accuratamente social acritici, Instagram con stupide foto narcisiste e fb con commenti di spaghetti, cozze e alici fritte a pranzo o per cena). A testimonianza di quanto conti la competenza e la conoscenza nel proprio lavoro e nella propria forma mentis, riporto l’episodio del colonnello dell’armata rossa Stanislav Evgrafovič Petrov.
 Prima di iniziare vorrei  ricordare Petrov rendendo onore alla sua memoria, in quanto EROE E SALVATORE DEL MONDO E DELL’UMANITA’. Descriviamo i fatti. È la notte tra il 25 e 26 settembre 1983. Il blocco sovietico del patto di Varsavia è protetto dal sistema di satelliti Oko, il più preciso, perfetto e costoso, invidiato dalla stessa NATO. Nel bunker della base di  Serpuchov15, vicino Mosca , l’ufficiale analista capo responsabile, viene sostituito per ragioni di salute dal nostro colonnello Petrov. Vi sono 140 uomini circa. Alle 00:15 ( dell’ormai 26 settembre ora di Mosca) sui monitor viene intercettato il lancio del primo ICBM dalla base di Malmstrom in Montana USA, verso Mosca. Da questo momento, il missile impiegherà solo 25 minuti di volo per raggiungere Mosca. Dopo pochi secondi vengono intercettati dai monitor della stessa base russa, come partiti da varie basi Usa verso il territorio sovietico, altri 5  missili balistici intercontinentali. In questi casi vi sono solo  disposizioni chiare e perentorie: comunicare il tutto al comando centrale e generale dell’URSS. È chiaro che da lì nessuna discussione potrebbe seguire, in quanto si deve solo ordinare la rappresaglia immediata con migliaia di ICBM Satan su Europa ed USA. Petrov, MILITARE! DISOBBEDISCE! Egli non informa nessun comando centrale, sapendo cosa sarebbe seguito. Egli dice “NO”, ma lo dice dall’alto della sua competenza, conoscenza e da matematico quale è!  Petrov, infatti, si chiede perché gli Stati Uniti starebbero inviando solo 5 ICBM su un territorio allora 4 volte gli Usa , che non avrebbero debellato le diverse basi missilistiche? E Petrov si chiede anche  come mai, se fossero reali i missili segnalati dai monitor, partiti accidentalmente, gli Usa non avrebbero deciso a questo punto per un attacco massiccio? Oppure  gli avrebbero già dovuti distruggere  in volo? Il suo “no” era giustissimo. Si era ribellato al sistema e alle regole in modo radicale, violento, infrangendo quelle di protocollo e quelle di obbedienza militare. Salvò il mondo. Si scoprì che il sistema satellitare era impazzito per rare  anomalie magnetiche di tipo equinoziale. Ovviamente Petrov,dopo questi eventi, fu punito sul piano formale, anche se fu solo messo da parte e lasciato vivere nel suo anonimato in un tranquillo paesino vicino Mosca. È morto a 78 anni circa un paio di anni fa. Ecco il “no” salvifico basato su grande competenza di analista di sistemi, conoscenza e calcoli matematici.
Dedico questo articolo ai miei studenti e a tutti i giovani ribelli, come ero io,  per una disobbedienza volta ad un mondo sempre migliore. Ad maiora!

Prof. Daniele Catino






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