La scuola di
Francoforte, costituitasi a partire dal 1922 presso il dipartimento di studi
filosofici e sociali dell’Università della città di Goethe, è sul piano
filosofico una teoria critica della società presente, vista sotto l’ottica di
un ideale rivoluzionario, che ha come fine un'umanità futura, libera e disalienata. Diventa baluardo del pensiero critico e
negativo nei confronti dell'esistente, capace di interpretare e distruggere le
contraddizioni profonde e non visibili, attraverso un modello utopico con un'incitazione rivoluzionaria per un suo
mutamento radicale. Marcuse è uno dei
maggiori esponenti della scuola di Francoforte. Egli polemizza contro la società repressiva in difesa dell'individuo
e della sua felicità. Diventa così uno dei massimi esponenti filosofici del
movimento del '68.
Il sistema in cui viviamo, per Marcuse, si ammanta di forme
pluralistiche e democratiche, che però sono puramente illusorie perché le
decisioni in realtà sono sempre nelle mani di pochi. "Una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non libertà
– egli afferma - prevale nella civiltà
industriale avanzata segno di progresso tecnico". Quindi possiamo dire
sinteticamente che il “no” per Marcuse è principio di salvezza e progresso, non
solo del presente , ma nella storia tutta. Rimane il problema di chi può dire
“no”. Chi sono le coscienze che possono anteporre un “no salvifico”. Fino a che
punto la ribellione diventa principio di salvezza e non di condanna alla
violazione di regole che hanno garantito e appaiono garantire la stessa
sicurezza?
Come docente liceale
quotidianamente mi dibatto con tanti “no” dei miei studenti, tipico dell’età.
Certo non nascondo spesso di avere in mente una pulsione (in)conscia “omicida”
di fronte a posizioni gratuite e spesso non corroborate da fattualità coerente.
Questo articolo lo dedico ai miei studenti perché sappiano dire il loro “no” salvifico, affinché un “no”
mal posto non diventi un “sì” di condanna definitivo e di schiavitù.
Credo che sia la competenza
unita ad una profonda conoscenza, e
quindi “lo studio matto e disperatissimo”, che possa dare e rendere realmente
salvifico il “no” (evitando accuratamente social acritici, Instagram con
stupide foto narcisiste e fb con commenti di spaghetti, cozze e alici fritte a
pranzo o per cena). A testimonianza di quanto conti la competenza e la
conoscenza nel proprio lavoro e nella propria forma mentis, riporto l’episodio del colonnello dell’armata rossa Stanislav Evgrafovič Petrov.
Prima di iniziare vorrei ricordare Petrov rendendo onore alla sua
memoria, in quanto EROE E SALVATORE DEL MONDO E DELL’UMANITA’. Descriviamo i
fatti. È la notte tra il 25 e 26 settembre 1983. Il blocco sovietico del patto di
Varsavia è protetto dal sistema di satelliti Oko, il più preciso, perfetto e
costoso, invidiato dalla stessa NATO. Nel bunker della base di Serpuchov15,
vicino Mosca , l’ufficiale analista capo responsabile, viene sostituito per
ragioni di salute dal nostro colonnello Petrov. Vi sono 140 uomini circa. Alle
00:15 ( dell’ormai 26 settembre ora di Mosca) sui monitor viene intercettato il
lancio del primo ICBM dalla base di Malmstrom in Montana USA, verso Mosca. Da
questo momento, il missile impiegherà solo
25 minuti di volo per raggiungere Mosca. Dopo pochi secondi vengono
intercettati dai monitor della stessa base russa, come partiti da varie basi
Usa verso il territorio sovietico, altri 5 missili balistici intercontinentali. In questi
casi vi sono solo disposizioni chiare e
perentorie: comunicare il tutto al comando centrale e generale dell’URSS. È chiaro
che da lì nessuna discussione potrebbe seguire, in quanto si deve solo ordinare
la rappresaglia immediata con migliaia di ICBM Satan su Europa ed USA. Petrov,
MILITARE! DISOBBEDISCE! Egli non informa nessun comando centrale, sapendo cosa
sarebbe seguito. Egli dice “NO”, ma lo dice dall’alto della sua competenza,
conoscenza e da matematico quale è! Petrov, infatti, si chiede perché gli Stati
Uniti starebbero inviando solo 5 ICBM su un territorio allora 4 volte gli Usa ,
che non avrebbero debellato le diverse basi missilistiche? E Petrov si chiede
anche come mai, se fossero reali i
missili segnalati dai monitor, partiti accidentalmente, gli Usa non avrebbero
deciso a questo punto per un attacco massiccio? Oppure gli avrebbero già dovuti distruggere in volo? Il suo “no” era giustissimo. Si era
ribellato al sistema e alle regole in modo radicale, violento, infrangendo quelle
di protocollo e quelle di obbedienza militare. Salvò il mondo. Si
scoprì che il sistema satellitare era impazzito per rare anomalie magnetiche di tipo equinoziale.
Ovviamente Petrov,dopo questi eventi, fu punito sul piano formale, anche se fu
solo messo da parte e lasciato vivere nel suo anonimato in un tranquillo paesino
vicino Mosca. È morto a 78 anni circa un paio di anni fa. Ecco il “no”
salvifico basato su grande competenza di analista di sistemi, conoscenza e
calcoli matematici.
Dedico questo
articolo ai miei studenti e a tutti i giovani ribelli, come ero io, per una disobbedienza volta ad un mondo
sempre migliore. Ad maiora!
Prof. Daniele Catino
Prof. Daniele Catino
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